Ad inizio primavera è ormai una costante. Ai bollettini sull’andamento dei flussi nettariferi e sullo stadio fenologico della robinia siamo costretti ad affiancare quelli ben più tristi degli avvelenamenti di alveari. Niente a che fare ovviamente con i dati ben più gravi comunicati giornalmente della Protezione Civile in merito al Covid-19, ma sintomo che più di qualcosa non va e che riteniamo doveroso segnalare.

Marzo:

Lodigiano e Adda Milanese: 3 apiari colpiti da spopolamenti con api morte davanti agli alveari.

Aprile:

Verderio (LC): apiario di 18 alveari spopolati dalle bottinatrici, famiglie che si stavano sviluppando regolarmente e che sono tornate al livello del mese precedente.

Concorezzo (MB): apiario di 80 alveari che hanno perso tutte le bottinatrici. Famiglie che avevano portato miele nel melario che si son ritrovate senza api per produrre.

Arcore (MB): 168 alveari di 4 apiari diversi spopolati nell’arco di una decina di giorni. Famiglie preparate per il millefiori primaverile che non raccoglieranno probabilmente neppure l’acacia.

Vimercate (MB): lento spopolamento di 30 alveari che inizialmente non sono più riusciti a presidiare il melario contenente millefiori primaverile e, nella settimana successiva, ha visto anche lo svuotamento dei nidi. 

Sulbiate (MB): spopolamento di 28 alveari che avevano cominciato a raccogliere il milelfiori primaverile.
 
Gli apiari si trovano in zone dove sono stati effettuati trattamenti diserbanti in pre semina e post emergenza, in presenza di lamio, veronica e tarrassaco sui campi o sulle bordure. Il terreno secco e la mancanza d’acqua disponibile per le api hanno probabilmente accentuato l’impatto del principio attivo sulle api. Nel lodigiano il problema si è palesato in concomitanza con l’inizio delle semine di mais. Tra Concorezzo e Vimercate si è invece assistito anche a trattamenti insetticidi su colza in fioritura. 
Tutti i casi sono stati rilevati da apicoltori professionisti e segnalati alle ATS e, dove possibile, sono stati fatti prelievi di campioni da sottoporre ad analisi anche se, purtroppo, nei casi di spopolamento risulta molto difficile riscontrare eventuali principi attivi responsabili, in quanto le api, entrate in contatto con la sostanza nociva, difficilmente riescono a tornare all’alveare.
Come al solito purtroppo, questa è da intendere come la punta di un iceberg. Spesso infatti, se lo spopolamento non è clamoroso o non si assiste ad una moria di api dentro e davanti all’alveare, un occhio poco esperto non rileva gli spopolamenti o li associa ad altre cause. In altre situazioni invece l’apicoltore coinvolto è rassegnato e abituato all’evento, e non ritiene utile comunicare il fatto.